Non è sempre colpa del Legislatore. Sempre più frequentemente, tanto da iniziare a costituire una prassi ormai diffusa, l’Amministrazione Finanziaria arricchisce il contesto normativo con interpretazioni che non trovano alcun riscontro nella volontà normativa, limitandone l’ambito di applicazione. Dopo le ingiustificate restrizioni sugli interventi aventi ad oggetto le parti comuni di edifici non condominiali il requisito, che requisito non è, dell’edificio condominiale a prevalente destinazione residenziale.
Come noto l’articolo 119 del DL Rilancio, nell’ambito del sistema di detrazioni riconosciute ai lavori edili, introduce una significativa maggiorazione delle agevolazioni fiscali: dal punto di vista sismico, elevando l’aliquota delle detrazioni già spettanti per gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche per la messa in sicurezza statica del patrimonio edilizio; dal punto di vista energetico introducendo, al latere dei diffusi benefici riconosciuti dall’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, nuove fattispecie agevolate.Apparentemente entrambe le tipologie di interventi, edile ed energetico, anche nella loro formulazione maggiorata, possono avere ad oggetto le parti comuni di edifici condominiali, senza alcuna particolare distinzione circa la loro destinazione. Questo almeno secondo il Legislatore. L’articolo 119 del DL Rilancio, nel delineare i requisiti oggettivi, non pone in essere alcuna scelta di campo. Secondo il Legislatore non sembra infatti essere necessario che il condominio oggetto dell’intervento debba avere una prevalente destinazione abitativa risultando sufficiente che l’intervento abbia ad oggetto le parti comuni di edifici. In senso conforme il richiamato articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, secondo cui sono agevolati gli interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali di cui agli articoli 1117 e 1117-bis del codice civile ovvero gli interventi che interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio; di pari la normativa in materia sismica, di cui all’articolo 16 del predetto decreto, secondo cui oggetto dei benefici sono le parti comuni di tutti gli edifici condominiali, perfino aventi destinazione produttiva.
Tutto sembrerebbe chiaro se non fosse che l’Amministrazione Finanziaria, nelle more della Circolare n. 24/E del 2020, nota ormai come circolare madre delle interpretazioni in materia, in maniera quasi estemporanea, affermi che l’agevolazione riguardi le sole spese sostenute per interventi effettuati su singole unità immobiliari residenziali e su parti comuni di edifici residenziali situati nel territorio dello Stato. In particolare, secondo l’intervento di prassi, in caso di interventi realizzati sulle parti comuni di un edificio, le relative spese possono essere considerate, ai fini del calcolo della detrazione, soltanto se riguardano un edificio residenziale considerato nella sua interezza. Solo nel caso in cui tale condizione sia verificata, ovvero qualora la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio sia superiore al 50%, sarà possibile ammettere la detrazione anche per il condomino di unità immobiliari non residenziali. In caso contrario la detrazione, ammessa per i condòmini di unità immobiliari a destinazione residenziale sarebbe, in maniera del tutto ingiustificata, preclusa ai detentori di uffici, immobili strumenti o merce.
Orbene, risulta evidente come il requisito di cui al comma 9 lettera b) dell’articolo 119, ovvero quello di agire al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, non possa travalicare i propri confini. Se è vero che la persona fisica debba agire in quanto tale, in forma privatistica, qualora decida di realizzare interventi sulle parti comuni di unità immobiliari, ciò non è richiesto dalla legge per il condomino ed il condominio. L’Amministrazione Finanziaria, ancora una volta, confonde i requisiti soggettivi ed oggettivi della norma, giustificando la richiesta della destinazione prevalentemente residenziale sul presupposto, miope ed erroneo, che siano escluse le spese sostenute per interventi realizzati su immobili utilizzati per lo svolgimento di attività di impresa, arti e professioni. Per il condominio, al contrario, non è prevista alcuna limitazione. Costituendo una particolare forma di comunione in cui coesiste la proprietà individuale dei singoli condòmini, costituita da unità immobiliari di esclusiva proprietà ed una comproprietà sui beni comuni dell’immobile stesso, per definizione, il condominio può avere destinazione residenziale o produttiva, con buona pace per l’Agenzia delle Entrate.