A prescindere dal tipo di apicoltura che si vuole fare, per tutti esiste l’obbligo di effettuare contestualmente all’acquisto (o alla cattura dello sciame) la denuncia del possesso di alveari che può essere considerata come una denuncia di inizio attività. In sede di prima denuncia il Servizio Veterinario competente attribuisce il codice identificativo dell’allevamento. In questa fase il Servizio Veterinario chiede di attestare la provenienza delle colonie, per questo è importante che in caso di acquisto si disponga del certificato sanitario (poiché il certificato vale 10 giorni è opportuno fare questa denuncia in questo periodo).

A questo punto si può procedere all’installazione del un nuovo apiario. Occorre considerare, oltre al rispetto delle distanze minime dai confini di proprietà e da strade di pubblico transito previste dalla norma (5 m dai confini e 10 dalle strade secondo l’art. 896 bis Codice Civile), anche l’orientamento delle arie nei confronti di eventuali insediamenti circostanti o la favorevole presenza di siepi circostanti. Non dimentichiamoci che le api necessitano di molta acqua e non tutte le persone accettano favorevolmente la presenza di questi insetti pacifici (ma in grado di difendersi se pensano di essere attaccati…) sul bordo della piscina o della fontanella del giardino.

A questo punto finiscono gli obblighi per l’apicoltore hobbista mentre per le altre due categorie esistono molti altri adempimenti obbligatori la cui inosservanza espone il responsabile a varie sanzioni. Questi obblighi sono più o meno gli stessi per entrambe le categorie di apicoltore, anche se declinati con modalità diverse. Da ora in avanti si prenderanno in considerazione solo gli apicoltori che producono per vendere.

Nuclei in stazione di fecondazione

Il primo obbligo è l’apertura della partita IVA.

La partita IVA, come dice il nome riguarda l’IVA, la quale è regolamentata dal D.P.R. 633/72 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), che recita così: “l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”.
Ma come si fa a capire se effettivamente si sta esercitando un’arte o una professione? L’attività che si sta facendo è un hobby o una professione a tutti gli effetti?
Non certo con le interpretazioni personali, ma andando nuovamente a consultare cosa dice la legge. Sempre nel D.P.R. 633/72, all’articolo 5 troviamo: “Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse.”
L’obbligo di apertura della partita IVA dipende dal carattere di abitualità o di occasionalità con cui viene svolta l’attività (art. 5 DPA 633/1972 DPR 633/72):
a)    Nel caso di abitualità occorre aprire la partita IVA;
b)    Nel caso di occasionalità non occorre aprire partita IVA.
Ora, se facciamo attenzione alla parola: “abituale” notiamo che questo è il punto cruciale. L’hobby diventa una vera e propria attività se viene esercitato in modo abituale e non occasionale. Definire quando un’attività sia abituale non è facile, risulta più semplice spiegare quando non è abituale. Per esempio è da ritenere attività non abituale la cessione o vendita tra privati di un bene usato di famiglia non più utilizzato (come una vecchia bicicletta, libri, vestiti, ecc.) avente carattere di eccezionalità e non di ripetitività.

In apicoltura l’attività di produzione del miele e degli altri prodotti dell’arnia per la vendita non possono che essere attività abituali, ne deriva che la partita IVA è sempre necessaria.

Già qui si nota la prima differenza tra imprenditore apistico e apicoltore professionista. Il primo solitamente produce e vende i prodotti delle api con un reddito che è integrativo rispetto a quello che gli viene da un altro lavoro; il giro d’affari è contenuto e, se non supera i 7.000,00 €, può adottare un regime IVA semplificato, detto di “esonero”, tipico dei piccoli produttori agricoli.

Fino a qualche anno fa l’unico obbligo a carico delle aziende agricole esonerate ai fini IVA, cioè quelle che risultano inferiori ai 7.000 euro di volume d’affari, riguardava l’obbligo di presentare l’elenco dei clienti e fornitori, entro il 20 aprile dell’anno successivo. La comunicazione doveva avvenire per via telematica, ne conseguiva che i piccoli produttori dovevano ricorrere all’assistenza dei commercialisti abilitati. Da circa 3 anni questo obbligo è stato abolito, pertanto non vi sono più comunicazioni da effettuare. È comunque necessario che i piccoli produttori prestino attenzione alla raccolta e conservazione dei documenti di acquisto (fornitori) ed autofatture (clienti) necessari a ricavare le informazioni che potranno essere utili per eventuali accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso in cui l’attività produca un volume d’affari (totale delle vendite al netto dell’IVA) superiore ai 7.000 euro si è costretti all’iscrizione alla Camera di Commercio ed alla tenuta della contabilità che può essere quella naturale “speciale” oppure quella con l’opzione dell’IVA in regime “ordinario” (che permette in recupero dell’ IVA). In entrambi i casi però servirà l’assistenza di un consulente fiscale in quanto potrebbero subentrare anche altre problematiche di ordine contributivo e previdenziale che esulano da questa trattazione.

A prescindere dal regime fiscale applicato sarà indispensabile:

procurarsi, far vidimare presso il servizio veterinario competente e mantenere aggiornato il registro dei farmaci

denunciare l’inizio dell’attività di produzione alimenti presso i competenti uffici del servizio veterinario dell’APSS di zona, dotarsi di un laboratorio “a norma” in cui effettuare le lavorazioni previste nella propria azienda e confezionamento, adottare un manuale di autocontrollo igienico aziendale e un sistema di rintracciabilità, definire un’etichetta a norma per i prodotti

Per tutti coloro che intendono vendere i loro prodotti fuori della loro azienda sarà necessario anche:

registrare la propria attività tramite compilazione e invio telematico del modello SCIA (segnalazione certificata inizio attività) al comune dove ha sede l’attività di produzione e vendita.
iscriversi alla camera di commercio in caso si voglia vendere direttamente al consumatore
dotarsi di indirizzo PEC (posta elettronica certificata)
Per le vendite occasionali di prodotti al di fuori della propria azienda è anche possibile costituire un’ ATI (associazione temporanea di imprese) in cui però è necessario che almeno una delle ditte associate sia in possesso dei requisiti sopra ricordati.

Il secondo obbligo è la corretta gestione della lavorazione nel laboratorio

A seconda delle dimensioni e delle produzioni della propria azienda, il laboratorio potrà essere permanente, ed adibito esclusivamente alla lavorazione dei prodotti apistici, o temporaneo ma, che può anche essere ricavato in un locale della propria abitazione avente caratteristiche adeguate ancorché non destinato permanentemente all’uso di laboratorio (es. il Servizio Veterinario competente potrà valutare ed autorizzare come laboratorio temporaneo di smielatura anche stanze non espressamente destinate a laboratorio ma con pareti e pavimento lavabili, dotate di lavabi con acqua calda e fredda. In questo caso saranno fatte eventuali prescrizioni sugli adeguamenti, sulle dotazioni e sulla non contemporaneità degli utilizzi…).  Per i laboratori cosidetti temporanei va tenuto presente il fatto che alla competente struttura dell’ APSS devono essere comunicati preventivamente, anche per le vie brevi (telefonata, mail o lettera e comunque sempre secondo eventuali indicazioni-accordi con i funzionari addetti), i giorni delle lavorazioni, per permettere eventuali controlli.

Se nel laboratorio si lavoreranno solo i propri prodotti sarà sufficiente adottare una corretta prassi igienica basata comunque su un piano di autocontrollo, in caso contrario il l’azienda dovrà dotarsi di un piano di monitoraggio basato sul sistema HACCP.

Non si tratta di un percorso semplice e privo di difficoltà. Il consiglio per tutti è quello di appoggiarsi per tempo ad una associazione di categoria e ad un professionista esperto in materie fiscali e contabili ed iniziare gradatamente. Prima è conveniente acquisire la confidenza con le api e imparare a lavorare come hobbista. Il passaggio ad imprenditore potrà sempre essere fatto in un secondo momento.

 

Articolo modificato parzialmente da VAE Consulting fonte http://www.apinvallagarina.it/iniziare-a-fare-lapicoltore/